La pratica priva di principi, mirata e criminale della detenzione arbitraria in Bahrain

 Una panoramica generale

Più di dieci anni fa, nel Regno di Bahrain sorse una protesta collettiva a favore della democrazia in risposta al regime autoritario di Al-Khalifa. Le autorità governative, anziché consentire ai cittadini del Bahrein di esercitare la propria libertà di riunione e di espressione, scelsero di sedare le proteste arrestando centinaia di difensori dei diritti umani e dei diritti civili.

Gli arresti arbitrari sono una tattica utilizzata dalle autorità del Bahrein per ostacolare la difesa dei diritti umani e mettere a tacere le voci dissidenti all’interno del paese. In particolare, tale disdicevole pratica è incrementata a partire dal 2011, anno della primavera araba. Da allora il governo Bahreinita ha arrestato migliaia di difensori dei diritti umani, figure religiose, medici, avvocati e altri illustri individui.

Questi arresti, nella maggior parte dei casi, avvengono in modo extragiudiziale e senza mandati di cattura, come chiaramente visibile dai registri degli agenti di polizia del Bahrain. Una volta imprigionati, i detenuti non possono ricorrere ad alcun avvocato o difesa legale e sono vittime di tortura e altri tipi di minacce. Molti di questi prigionieri si trovano davanti una dura scelta: denunciare gli attivisti per i diritti umani confessando crimini che non hanno commesso o subire rappresaglie contro di loro o i loro familiari.

Il Bahrain è stato più volte denunciato dalla comunità internazionale per la sua pratica di detenzione arbitraria, ma il Regno è sempre riuscito a confutare le accuse o ad accettare soltanto a provvedimenti che di fatto non ha attuato. Per esempio, durante le prime tre sessioni di Revisione periodica universale del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, gli Stati partecipanti hanno espresso gravi e serie preoccupazioni per la pratica bahreinita di arresto arbitrario. Nella prima sessione, gli Stati hanno formulato sei raccomandazioni per il Regno del golfo, tra cui ritirare le accuse a discapito di individui arrestati per aver esercitato i propri diritti di riunione, libertà di parola e di coscienza. Il Bahrain ha accettato queste raccomandazioni, senza però attuarle. Ne risulta che migliaia di difensori dei diritti umani e attivisti politici restano incarcerati. Il Bahrain ha anche consentito al rilascio dei cittadini bahreiniti arrestati senza mandato di cattura; tuttavia, solo una manciata di questi individui è stata effettivamente scarcerata. È evidente che anche in nell’ambito della Revisione periodica universale, il Bahrain ha dichiarato che avrebbe adottato misure per cessare gli arresti extragiudiziali, senza prendere alcun provvedimento nei fatti.

A livello di istituzioni interne il problema sussiste. Il Bahrain ha acconsentito alla maggior parte delle raccomandazioni formulate dalla Commissione indipendente d’inchiesta del Bahrein, istituzione formata da esperti nazionali ed internazionali richiesta dal governo stesso col fine di indagare gli incidenti avvenuti nel 2011. In particolare, le raccomandazioni 1720, 1722(d) e 1723(c), formulate della Commissione esortavano il Regno di Bahrain a cessare l’uso della detenzione arbitraria come deterrente contro il movimento pro-democrazia. Ciononostante, un rapporto pubblicato dall’ADHRB nel 2016 ha rivelato che nessuna di queste raccomandazioni è stata implementata.

A dieci anni dalle manifestazioni della primavera araba, il piccolo regno del golfo ha visto solo un incremento delle detenzioni arbitrarie, mentre le autorità tentano di limitare tutte le attività anti-establishment. Qualcosa di poco conto come un Tweet può determinare enormi e gravissime conseguenze, come ritrovarsi le autorità governative in casa nel buio della notte. Ciò dimostra che la libertà di espressione è stata completamente abolita in Bahrain.

Il caso del Dottor Al-Singace

Il dottor Abduljalil Al-Singace è un caso celebre ed esemplificativo di come le autorità bahreinite attacchino miratamente i difensori dei diritti umani. In quanto membro dei partiti di opposizione Al-Wefaq e Haq, il dottor Al-Singace è diventato un noto oppositore della famiglia regnante di Al-Khalifa. Prima dei suoi numerosi arresti e incarcerazioni, Al-Singace, specializzato in ingegneria meccanica, ricopriva importanti incarichi presso l’Università del Bahrein.

Nel 2010 l’attivista tenne un discorso nel Regno Unito sulla situazione allarmante e debilitante dei diritti umani in Bahrain e, appena rientrato in Bahrain, fu incarcerato per più di sei mesi. Durante la sua detenzione, sebbene fosse affetto da sindrome post-poliomielitica e le autorità carcerarie ne fossero consapevoli, il difensore dei diritti umani fu sottoposto a brutali torture. All’inizio del febbraio 2011, il re concesse la grazia reale ad Al-Singace rilasciandolo.

Soltanto un mese dopo, il dottor Al-Singace fu arrestato per la sua partecipazione alle manifestazioni per la democrazia. In quanto figura già nota al governo per il suo attivismo, il dottore fu imprigionato come membro dei “Bahrain Thirteen”, un gruppo di tredici esponenti politici condannati a pene detentive per la loro partecipazione pacifica alla rivolta araba del Bahrain.

Il dottor Al-Singace si trova nella prigione Jau, il più grande carcere maschile del Bahrein, in cui continua ad essere affetto da numerose patologie, tra cui l’anemia falciforme e muscoloscheletrica, mancanza di respiro e un significativo deterioramento dei sintomi legati alla sindrome post-polio. Nel corso degli anni gli è stato ripetutamente vietato l’accesso alle cure mediche e, dal marzo 2017, le autorità gli impediscono di vedere la sua famiglia. La prigione Jau non rispetta gli standardi richiesti dal diritto internazionale carcerario e detiene i suoi prigionieri in condizioni inumane e celle sovraffollate.

Il caso del dottor Al-Singace dimostra come il governo del Bahrain non faccia alcuna distinzione tra gli individui che arresta: donne, bambini, attivisti e difensori dei diritti umani non vengono risparmiati in alcun modo dal governo. Molti cittadini sono imprigionati senza mandato di cattura, subiscono torture e altri trattamenti disumani perpetrati dalla polizia e dei servizi segreti del Bahrein.

Un appello per porre fine a questa pratica

 

La pratica sistematica e ininterrotta della detenzione arbitraria in Bahrain è commessa in flagrante violazione di trattati e i principi internazionali, tra cui i Principi di Parigi e il Patto internazionale sui diritti civili e politici. ADHRB chiede la fine di tale pratica e il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici, difensori dei diritti umani e di altri individui arbitrariamente arrestati e detenuti.