16 Organizzazioni per i diritti umani esprimono la loro preoccupazione sulla Formula 1 in Bahrein

25 novembre 2020 – Oggi, 16 tra organizzazioni per i diritti umani e sindacati, tra i quali il Bahrain Institute for Human Rights and Democracy (BIRD), Human Rights Watch, la Confederazione sindacale internazionale e alcuni membri dell’Alleanza per lo sport e i diritti hanno scritto una lettera all’amministratore delegato della Formula Uno (F1) Chase Carey, in vista del Gran Premio del Bahrein. Questa lettera esorta gli organizzatori della Formula 1 a fare giustizia alle vittime di abusi legati al Gran Premio del Bahrein, a proteggere i diritti dei manifestanti e a implementare politiche che assicurino che il loro business non contribuisca alle violazioni dei diritti umani, alla luce del netto peggioramento dei diritti umani nel Paese.

 

La lettera mette in evidenza come la Formula 1 giochi un ruolo centrale nell’occultare le violazioni dei diritti umani messe in atto dal governo bahreinita. Con tutti le persone coinvolte nella Formula 1, tra sportivi, giornalisti e fan, il Bahrein sta acquisendo molti punti in termini di reputazione internazionale, e questo rischia di normalizzare ulteriormente.

La lettera esorta inoltre Carey ad usare il suo ruolo come leva per”assicurare giustizia, responsabilità e anche un risarcimento danni per le vittime degli abusi” legati al Gran Premio. Tra le vittime, ci sono la famiglia di Salah Abbas, ucciso dalle guardie di sicurezza alla vigilia della gara del 2012, e Najah Yusuf, attivista per i diritti umani che è stata tenuta per due anni in prigione, dove è stata aggredita sessualmente e torturata, per aver criticato il Gran Premio su Facebook. Le organizzazioni hanno anche espresso la loro preoccupazione per il figlio diciassettenne di Najah, Kameel, che rischia fino a vent’anni di carcere per quella che Amnesty International crede essere “una ritorsione nei confronti della madre”.

 

Facendo poi riferimento al rinvio della competizione deciso a marzo 2020 a causa delle preoccupazioni riguardanti la pandemia da COVID-19, la lettera mette in evidenza come le stesse preoccupazioni “dovrebbero riguardare il popolo bahreinita, che si trova ad affrontare la pandemia nel bel mezzo di rinnovate oppressioni da parte del governo”, che ricorre più di prima alla pena di morte e alle limitazioni alla libertà d’espressione e assemblea. La lettera inoltre aggiunge che nel solo mese della competizione, 18 persone sono state arrestate per aver commentato la morte del primo ministro del Bahrein, tra le quali una ragazza di 16 anni e un ragazzo di 14.

 

La lettera chiede inoltre che la Formula 1 metta in atto la loro politica sui diritti umani atta a far sì che il loro business non contribuisca alle violazioni dei diritti umani in Bahrein. Questa politica venne adottata nel 2015, a seguito di una mediazione con Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain (ADHRB), dopo che essi avevano inviato un reclamo all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).

 

Husain Abdulla, Direttore Esecutivo di Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain (ADHRB), ha commentato: «Nonostante le associazioni per la salvaguardia dei diritti umani abbiano spinto la Formula Uno ad attuare una politica sui diritti umani nel 2015, gli organizzatori della competizione sono rimasti in silenzio davanti agli abusi messi in atto dai loro partner organizzativi. Senza un’implementazione pratica, questa politica è solo un pezzo di carta. Le repressioni in Bahrein continuano a peggiorare e alla Formula Uno sono state concesse ancora più competizioni».

 

Sayed Ahmed Alwadaei, Direttore al Bahrain Institute for Rights and Democracy (BIRD). Ha commentato: «Proprio quando il regime ha deciso di stringere la presa su ogni forma di dissenso, la Formula Uno ha deciso di aumentare la presenza di persone coinvolte nella sua organizzazione con il lancio di un secondo Gran Premio in Bahrain. Nelle settimane prima della gara, decine di manifestanti sono stati arrestati, tra i quali ragazzini fino all’età di 14 anni, a cause di commenti postati sui social media. Girandosi ancora una volta dall’altra parte davanti a questi abusi, la Formula Uno sta mandando un messaggio di approvazione a tutti i dittatori del mondo, mostrando che le violazioni dei diritti umani non saranno solo tollerate, ma ricompensate».