L’Austria si appresta a chiudere il Centro interconfessionale per il dialogo religioso a Vienna, finanziato dall’Arabia Saudita

Il governo austriaco si sta muovendo  per chiudere il centro interreligioso finanziato dall’Arabia Saudita, il King Abdullah bin Abdulaziz International Centre for Interreligious and Intercultural Dialogue (KAICIID), a Vienna.  Il 12 giugno 2019, i deputati austriaci hanno votato una risoluzione che chiede la chiusura del Centro interreligioso e di dialogo interculturale (KAICIID). Il provvedimento rientrava in un più ampio tentativo di impedire l’esecuzione di Murtaja Qureiris, 18 anni, che rischiava la pena di morte in Arabia Saudita. Queriris è stato arrestato nel 2014 per il suo coinvolgimento nelle proteste durante la primavera araba del 2011, quando aveva solo dieci anni. A causa delle pressioni internazionali, il governo saudita ha finito per condannare Qureiris a 12 anni di carcere invece che alla pena di morte. La risoluzione ha sollevato anche altre preoccupazioni riguardo ai precedenti dell’Arabia Saudita in materia di diritti umani, tra cui l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. 

Il centro interreligioso finanziato dall’Arabia Saudita ha aperto per la prima volta a Vienna nel 2012, con l’obiettivo di promuovere la pace, risolvere i conflitti e incoraggiare la tolleranza tra le varie religioni attraverso il dialogo.  Il Centro ha affrontato un’immensa quantità di critiche considerando la storia dell’Arabia Saudita in materia di violazioni dei diritti umani, compresa l’intolleranza religiosa sponsorizzata dallo Stato. Il governo dell’Arabia Saudita discrimina in particolare la popolazione musulmana sciita – reprimendone la libertà di partecipare alle pratiche religiose e culturali. I regolamenti del governo impediscono ai musulmani sciiti di costruire moschee al di fuori delle aree approvate, le imprese li discriminano nelle pratiche di assunzione e gli sciiti sono sottorappresentati in posizioni di alto livello governativo e accademico. Inoltre, i membri della comunità sciita devono affrontare in modo sproporzionato la pena di morte per aver espresso il loro dissenso o per aver partecipato a proteste e assemblee pacifiche. 

L’istituzione di centri interreligiosi in altri Paesi nel tentativo di mascherare le violazioni dei diritti umani è una pratica comune ed estremamente problematica.  Anche il vicino dell’Arabia Saudita, il Bahrein, ha cercato di nascondere le proprie discriminazioni religiose sistematiche con varie acrobazie di pubbliche relazioni. Nel 2018, ad esempio, il Bahrein ha finanziato una cattedra chiamata King Hamad Chair per il dialogo interreligioso e la convivenza pacifica, presso l’università La Sapienza, in Italia. Sempre nel 2018, il Bahrein ha tenuto un evento collaterale a New York durante la 73a sessione dell’Assemblea gGenerale delle Nazioni Unite sulla tolleranza religiosa.  

Il KAICIID e la cattedra intitolata al Re Hamad per il dialogo interreligioso e la coesistenza pacifica, insieme ad altri sforzi atti a sostenere in modo falso l’impegno per la libertà religiosa, offrono ai governi repressivi una strategia per sviare le accuse di gravi violazioni dei diritti umani. I nomi e le missioni di queste istituzioni, attentamente pianificati, hanno chiaramente lo scopo di nascondere la discriminazione religiosa sancita dai governi di questi regni e di dare l’illusione che questi Paesi promuovano la libertà religiosa. La decisione del governo austriaco di chiudere il Centro internazionale per il dialogo interreligioso e interculturale King Abdullah bin Abdulaziz è lodevole, e altri Paesi dovrebbero seguire le loro orme.

Tovah Bloomfield è un Advocacy Intern per ADHRB