Tre Conferenze hanno sottolineato le continue violazioni dei Diritti Umani in Bahrain

Questa settimana, Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain (ADHRB) ha avuto il piacere di partecipare a tre eventi online: (1) La Giornata Internazionale a Supporto delle Vittime di Tortura in Bahrain; (2) Evento online parallelo Durante la 44esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani ONU; (3) Approfondire la Crisi Politica e dei Diritti Umani in Bahrain. Nonostante siano state affrontate svariate tematiche, un elemento costante è stato la constatazione della crescente oppressione della società civile Bahreinita da parte del governo negli ultimi anni. 

 

Il primo evento, La Giornata Internazionale a supporto delle Vittime di Tortura in Bahrain, è stato ospitato dal Bahrain Institute for Rights and Democracy (BIRD) e da ADHRB. Il panel è stato moderato da Josie Thum, rappresentante di BIRD. Sono intervenuti: Joe Stork, vice-direttore di Human Rights Watch per Medio Oriente e Nord Africa; Ali Abdulemam, difensore dei diritti umani in Bahrain; Maya Oppenheim, corrispondente e giornalista femminile presso l’Independent. Ospite a sorpresa è stata Ebtisam al-Saegh, attivista per i diritti umani in prima linea. 

 

L’evento si è concentrato su come la tortura sia ancora una pratica diffusa in Bahrain, e sugli effetti a lungo termine che questa ha sui sopravvissuti. Joe Stork ha parlato di come la tortura sia usata nel Regno sin da quando ha dato inizio alle sue ricerche all’inizio degli anni novanta. Questi ha sottolineato come l’uso ricorrente della tortura è maggiormente dovuto all’impunità dei responsabili. 

Ali Abdulemam si è soffermato ampiamente sulla sua personale esperienza di tortura, che ha incluso metodi di umiliazione, perquisizioni corporali e aggressioni gravi. Ali ha sostenuto che la tortura non è stata usata solo al fine di estrarre delle informazioni, ma per annientare totalmente la personalità, l’essenza, il volere e la speranza di un individuo, ed è riservata a chiunque osi esprimersi contro il regime. 

Maya Oppenheim ha parlato dei suoi articoli per l’Independent che hanno fatto luce sui casi di Medina Ali e Najah Yusuf, sostenendo che i contribuenti Britannici stessero appoggiando le istituzioni Bahreinite. 

Anche Ebtisam al-Saegh ha parlato della sua esperienza di tortura, di come sia stata gravemente torturata fisicamente, sessualmente e psicologicamente dalle forze di sicurezza Bahrenite. Ha inoltre sottolineato come l’esperienza di tortura sia molto diversa nella vita reale, e di come sia perseguitata dai flashback del suo calvario. 

 

Un giro di domande è stato posto ai panelists. A Joe Stork è stato chiesto il perché del persistere delle torture dopo 25 anni. Questi ne attribuisce la causa alla totale assenza di responsabilità all’interno del regime dall’inizio delle sue ricerche negli anni novanta. Il signor Stork ha semplicemente affermato che “in assenza di una minaccia di pena, le forze armate non sono dissuase a compiere atti del genere”. Anche gli Stati Uniti e il Regno Unito sono troppo amichevoli con il regime per ritenerlo responsabile. Il regime è riuscito perfino a deviare i tentativi di intervento del governo Obama usando la carta dell’interferenza politica. 

 

Oltre alle domande poste al Signor Stork, è stato chiesto ad Ali Abdulemam come fosse stato in grado di superare la sua esperienza come vittima di tortura e quale tipo di processo di riabilitazione avesse affrontato. Il signor Abdulemam ha sottolineato l’importanza per le vittime di cercare aiuto, in qualsiasi forma questo si presenti. Ogni caso è differente, alcune vittime trovano terapeutico parlare della loro esperienza, mentre altri possono trovarlo re-traumatizzante. Le condizioni che possono scaturire dalla tortura, come per esempio il Disturbo da Stress Post Traumatico, non sono ben noti o compresi in Bahrain. Il Signor Abdulemam ha evidenziato quanto vitale sia non ignorare gli effetti della tortura per le vittime, altrimenti c’è il rischio che la vita stessa delle vittime venga definitivamente distrutta. 

 

Il secondo evento, “Non c’è Futuro Soddisfacente o Pace Sostenibile in Bahrain senza la Protezione dei difensori di Diritti Umani” è stato tenuto dal Gulf Center of Human Rights (GCHR) durante la 44esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani ONU. Il panel è stato moderato da Khalid Ibrahim, direttore esecutivo di GCHR. Il tema centrale dell’evento è stato il sistematico abuso nei confronti dei difensori di diritti umani e dei prigionieri politici in Bahrain. Tutti gli speakers hanno espresso la loro gioia per il recente rilascio del leader attivista Nabeel Rajab. Tuttavia, hanno rimarcato quanto sia importante continuare a fare pressione su attori nazionali e internazionali per rilasciare tutti i prigionieri politici ancora reclusi in Bahrain. Questi prigionieri sono ad alto rischio di contrarre il COVID-19 per la mancanza di condizioni igieniche nelle prigioni Bahreinite. Inoltre, Husain Abdulla, direttore esecutivo di ADHRB, ha dichiarato che “le accuse di tortura vengono riportate giornalmente alla nostra organizzazione”. 

 

Il secondo tema focale ha riguardato le condizioni dei giornalisti e le continue violazioni della libertà di stampa nel paese. Preethi Nallu, giornalista e consulente nel settore advocacy presso IMS, ha evidenziato come da anni ai giornalisti venga impedito di riportare liberamente gli abusi di diritti umani. Essendo i testi delle leggi sulla stampa e sui media appositamente vaghe, il governo può arrestare e detenere i giornalisti su accuse di terrorismo dipingendo ogni critica al governo come una minaccia alla sicurezza pubblica o come tradimento. Per questa ragione, il governo sta silenziando tutti i giornalisti che riportano le critiche contro le azioni del governo riguardo la diffusione del COVID-19. 

Gli speakers hanno sottolineato come i difensori dei diritti umani in Bahrain affrontino un sistema di estrema oppressione che sta cercando di scoraggiare le loro richieste per un governo più democratico. In conclusione, questa conferenza ha fortemente sottolineato l’importanza per il governo del Bahrain di rilasciare tutti i prigionieri politici del Paese. Queste persone vivono nel perpetuo rischio di soffrire violente persecuzioni politiche come conseguenza della loro attività politica. La comunità internazionale ha la responsabilità di facilitare un processo per cui si possa costruire un dialogo costruttivo sul fronte delle attuali violazioni dei diritti umani in Bahrain. Durante questa conferenza gli speakers hanno osservato il grande traguardo concernente il rilascio dell’eminente difensore dei diritti umani Nabeel Rajab, ma hanno anche ribadito che questo non è un momento di completo sollievo. Per riassumere, la conferenza ha esortato la comunità internazionale a prendere una posizione contro le repressioni sistematiche del governo Bahreinita e al sistema di controllo dei diritti umani dell’ONU ad intraprendere una visita. 

 

Il terzo evento, Approfondire la crisi politica e dei diritti umani in Bahrain, tenuto da ADHRB e moderato dal suo direttore esecutivo Husain Abdulla, si è concentrato sulla situazione politica e la crisi dei diritti umani in Bahrain. La questione centrale ha riguardato la capacità e la possibilità del Bahrain di iniziare il suo processo di riconciliazione. Fabiana Perazzoli, assistente advocacy presso ADHRB, ha sottolineato l’importanza del lavoro che ADHRB sta svolgendo con i parlamentari in tutta Europa. Grazie al lavoro di advocacy è possibile fare abbastanza pressione ai violatori di diritti umani per spingerli a cambiare le abitudini politiche. I due principali ostacoli internazionali contro questo tipo di processo rimangono gli Stati Uniti e il Regno Unito. Mentre i due paesi dovrebbero rendere il governo del Bahrain responsabile delle azioni che ledono i diritti umani nel Paese, permettono il perdurare di queste, prioritizzando gli interessi  economici e politici prima alla crisi dei diritti umani. 

“Quante volte volete essere morsi dallo stesso serpente?” Ha chiesto il Dr Saeed Al-Shehabi, sottolineando l’incapacità del governo Bahreinita a mantenere la falsa promessa di un cambiamento politico. Lo stesso modello sistematico di abusi è stato anche evidenziato da Ali Mushaima, che ha raccontato, sia la sua personale storia di tortura, che la morte di suo padre Hassan Mushaima. Il diffondersi di questa cultura dell’impunità è ciò che attori internazionali e paesi stranieri dovrebbero condannare invece di mantenere i loro interessi economici nel Paese. 

 

Durante la conferenza, all’audience è stato ricordato che la Primavera Araba è iniziata con una serie di richieste per riforme politiche minori volte ad includere un equo sistema economico e una componente di diritti umani nel contesto politico nazionale. Dalla richiesta di riforme, i manifestanti sono passati a chiedere un cambio di regime. Da quel momento, l’opposizione politica Bahreinita è stata violentemente smantellata. Oggi più che mai, con migliaia di prigionieri politici e senza stabilità politica nel paese, non si può parlare di un processo di riconciliazione volto a correggere le divisioni sociali. Questo è, però, necessario al fine di guarire le ferite causate dalle rappresaglie del regime dopo le proteste del 2011. Gli speakers hanno sottolineato l’importanza del ruolo della comunità internazionale insieme alle organizzazioni internazionali in questo processo di riconciliazione. Tutti hanno concordato che i paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti devono smettere di supportare i dittatori del Golfo e prendere una posizione contro le note violazioni dei diritti umani riservate ai dissidenti politici. La cultura dell’impunità del Bahrain persiste anche grazie alla complicità dei paesi Occidentali e agli interessi economici. Ali Mushaim ritiene che dobbiamo ambire ad unire il supporto per fare pressione ai governi cosicché questi tolgano il loro supporto alle dittature. 

 

Le tre conferenze hanno fatto luce sulle sistematiche violazioni dei diritti umani in atto nel Paese. Tutti i partecipanti e gli attivisti coinvolti hanno richiesto il rilascio di tutti gli attivisti politici ancora incarcerati in Bahrain; un sistema efficiente di responsabilizzazione per eradicare la cultura di impunità intrinseca alle istituzioni; e hanno ribadito l’importanza di continuare la lotta per la democrazia e i diritti umani in Bahrain. Il lavoro di advocacy a cui le organizzazioni internazionali partecipano, insieme al coinvolgimento della comunità internazionale, sono essenziali per iniziare un processo di riconciliazione che renderà possibile realizzare le richieste di cambiamento civile, politico e dei diritti umani che i cittadini hanno a lungo domandato.