A breve la seconda edizione della Summer School finanziata dal regime Bahreinita presso l’Università romana La Sapienza

Dal 31 Agosto al 5 settembre 2020, si terrà per il secondo anno consecutivo la Summer School in “Religions and peaceful coexistence” presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma. Lo scopo dichiarato dal corso  è quello di “rappresentare un’opportunità per ampliare la conoscenza delle dinamiche storiche, culturali e sociali che regolano i rapporti tra religioni, in una prospettiva di dialogo e peacebuliding”.

Sebbene questo corso affronti tematiche fondamentali tali da stimolare un dialogo costruttivo e concreto nell’ottica di una convivenza di diverse culture, è bene tenere a mente che il corso si svolge sotto l’egida della cattedra dedicata al Re del Bahrain, Hamad bin Isa Al Khalifa. Contrariamente agli scopi del corso sopra enunciati, i finanziamenti alla cattedra da parte della Royal Charity Organization del Bahrain indeboliscono questi principi a causa delle continue e sistematiche violazioni nei confronti della maggioranza sciita all’interno del Regno. L’università La Sapienza, e l’Italia indirettamente, sembra in questo modo consolidare un legame istituzionale con il Bahrain piuttosto che impegnarsi nella lotta per la difesa dei diritti umani.

Nonostante le affermazioni di tolleranza e libertà religiosa espresse dal Ministro dell’Istruzione del Bahrein, la comunità sciita è costantemente soggetta a discriminazioni sia nella sfera politica, che in quella religiosa e lavorativa. A partire dai movimenti pro-democratici del 2011, il governo del Bahrein ha lanciato una campagna su larga scala di repressione delle libertà fondamentali della maggioranza sciita, la quale è confinata negli strati socio-economici più bassi del Regno. Questa situazione scaturisce dal fatto che gli sciiti non sono in grado di ottenere potere politico o di ascendere a posizioni di rilievo.  

La Costituzione del Regno garantisce il diritto di espressione e di opinioni purchè questo non violi “credenze fondamentali della dottrina islamica”, dichiarata quest’ultima come la religione ufficiale del Regno. Secondo la Costituzione, tutte le persone sono uguali senza nessuna discriminazione per sesso, origini, lingua e fede. Nella pratica la situazione è diametralmente opposta. Le autorità trattengono e detengono sistematicamente figure ecclesiastiche di spicco sulla base del contenuto delle loro prediche in occasione delle commemorazioni dell’Ashura in settembre. Secondo il report del U.S. Department of State sul Bahrain in riferimento all’anno 2019, le autorità Bahreinite continuano a prendere di mira i leader religiosi, i quali vengono costantemente discriminati, privati della cittadinanza e in alcuni casi arrestati e torturati per il loro orientamento religioso. Solo nel Marzo del 2019, la Corte ha condannato 167 persone per la loro partecipazione ad un sit-in pacifico avvenuto nel 2016 in sostegno a Isa Qassim, conosciuto come il principale leader sciita del Paese. A ciò si aggiungono le dichiarazioni dei rappresentanti della comunità sciita nelle quali si sostiene che le degradanti situazioni economiche siano il risultato delle pratiche discriminatorie nei loro confronti. Nonostante sia riconosciuta la possibilità di convertirsi ad una religione differente dalla propria, lo stesso report afferma che i comportamenti e le attitudini nella società scoraggiano la conversione dall’Islam ad un’altra religione. 

Il Regno ha cercato di nascondere le suddette violazioni instaurando una campagna internazionale di promozione della tolleranza religiosa nel Regno, alla quale La Sapienza ha fornito un ulteriore sostegno accettando i finanziamenti provenienti dalla Royal Charity Organization. Alla luce di quanto detto, questa partnership risulta essere un mero strumento per mascherare le discriminazioni religiose che avvengono all’interno del Bahrain e risanare l’immagine positiva del Regime al livello internazionale. 

Il finanziamento da parte della Royal Charity Organization del Bahrain è legalmente disciplinato dalla Riforma Ruberti del 1990. In particolare, questa afferma che qualsiasi Ateneo italiano è libero nella scelta dei propri finanziatori così da poter colmare i tagli ministeriali all’istruzione. Uno tra i primi a fare luce sulla vicenda è stato Riccardo Noury di Amnesty International, il quale ha evidenziato i caratteri contraddittori e il movente tutt’altro che filantropico che potrebbe celarsi dietro l’azione di Sua Maestà nell’instaurare questa coesistenza pacifica interreligiosa. 

Lo svolgimento di tale corso è contrario ai valori di democrazia e libertà che un’università italiana pubblica  e, soprattutto rinomata come La Sapienza, dovrebbe incarnare. La cultura e la formazione, italiana e non, dovrebbero rimanere libere e al di fuori di qualsiasi strategia politica. La gravità di questa collaborazione non si basa su un lavoro che incoraggi la solidarietà tra popoli culturalmente distanti, che è più che mai auspicabile, ma sul fatto che ciò sia finanziato dal Regnante di un Paese ben noto alla comunità internazionale per le sistematiche violazioni dei diritti umani del singolo. 

 

Chiara Cappelli e Martina Turci sono Advocacy Intern con ADHRB.