Profilo in persecuzione: Ahmed Khalil Ahmed

Una notte del novembre 2015, Ahmed Khalil Ahmed, bahreinita laureato in medicina generale, è stato arbitrariamente arrestato mentre si trovava a casa dei suoi genitori, dopo essere stato scassinato da uomini in borghese, agenti della polizia antisommossa e agenti dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale. Durante l’arresto, l’interrogatorio e la detenzione, è stato sottoposto a gravi forme di tortura e maltrattamenti. Ahmed era uno dei 115 (su 138) cittadini bahreiniti condannati dalla Quarta Alta Corte Penale del Bahrein il 15 maggio 2018 per il loro presunto coinvolgimento in una cellula terroristica chiamata “Brigate Zulfiqar”. Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain (ADHRB) ha presentato una denuncia attraverso il Programma di Reclamo dell’Onu circa le persone condannate in questo particolare caso. Ahmed è stato condannato all’ergastolo e gli è stata tolta la nazionalità. Ora si trova nell’istituto penitenziario Jau in Bahrein con il resto dei suoi detenuti condannati nello stesso caso.

 

Ahmed è stato arrestato il 3 novembre 2015 dalla casa dei suoi genitori nel villaggio di Karbabad alle 2 del mattino, senza alcun mandato di arresto e senza presentare motivi per l’arresto. Uomini mascherati in abiti civili, agenti della polizia antisommossa e dell’Agenzia per la sicurezza nazionale hanno scavalcato la recinzione della casa e sono entrati senza preavviso. Sono stati confiscati dispositivi elettronici, come cellulari e personal computer, appartenenti ad Ahmed, a sua moglie e a suo suocero. Dopo il suo arresto da casa del suocero, lo hanno portato a casa del padre, hanno rotto il cancello del garage, il quale è stato riadattato come ufficio di Ahmed. Hanno distrutto molti dei suoi beni, gli utensili da cucina della casa e persino alcune forniture mediche. Inoltre, hanno confiscato il denaro dalla stanza di Ahmed, insieme alla sua auto. I genitori di Ahmed sono stati presi e rinchiusi in diverse stanze, mentre le forze dell’ordine hanno piazzato in casa delle prove da usare poi contro Ahmed. Anche le pistole giocattolo del fratello minore di Ahmed sono state messe nella stanza di Ahmed come armi. La sua privacy è stata gravemente violata quando le forze dell’ordine hanno confiscato tutte le foto personali del suo fidanzamento e di sua moglie nelle quali lei era senza velo.

 

Dopo il suo arresto avvenuto il 3 novembre 2015, il luogo in cui si trovava Ahmed non è stato reso noto per quasi tre settimane e si è poi rivelato essere il suo periodo di interrogatorio. Successivamente, Ahmed ha contattato la sua famiglia per informarla che si trovava nella Direzione delle indagini penali per tutto il periodo dell’interrogatorio. Tuttavia, durante questo periodo era stato trasferito tra la struttura di interrogatorio nell’edificio 15 del carcere di Jau e la Direzione delle indagini penali. Al momento dell’interrogatorio, ad Ahmed è stato impedito di contattare la sua famiglia e il suo avvocato. È stato gravemente torturato e minacciato con la sua famiglia, se non avesse collaborato con le forze che lo stavano interrogando. Per questo motivo, ha preferito confessare, sotto tortura, tutto quello di cui lo interrogavano, per evitare qualsiasi danno che potesse raggiungere la sua famiglia. Ha firmato un foglio con le accuse scritte sopra, bendato e senza sapere quale fosse il contenuto. Ahmed ha subito abusi fisici e psicologici durante l’interrogatorio, maltrattamenti, insulti a lui e alla sua famiglia, e quando ha cercato di difenderli è stato picchiato e privato del sonno e del cibo, e costretto a stare in piedi per ore. Ahmed è stato trattenuto nella Direzione delle indagini penali per un totale di due mesi, fino a quando, dopo l’interrogatorio, nel gennaio 2016, è stato trasferito per un lungo periodo al Dry Dock Detention Center. È stato poi portato nel carcere di Jau il 25 giugno 2018, dove ora risiede.

 

Ahmed, insieme ad altri 115 cittadini del Bahrein, condannati il 15 maggio 2018 per il suo coinvolgimento in una cellula terroristica, chiamata “Brigate Zulfiqar”, è stato condannato all’ergastolo e denaturalizzato. E’ stato accusato di: 1) addestramento all’uso di armi da fuoco e di ordigni esplosivi per scopi terroristici (per dirigersi verso la guardia rivoluzionaria iraniana in Iran, e verso le Brigate Hezbollah irachene), 2) ottenimento di esplosivi senza licenza, che potrebbero essere usati per mettere a repentaglio la sicurezza e l’ordine pubblico, e 3) possesso di armi da fuoco senza licenza, che potrebbero essere usate per scopi terroristici e per minacciare la sicurezza e l’ordine pubblico. È necessario ricordare che la sentenza di Ahmed era in contumacia. Sia Ahmed che l’avvocato non erano presenti al momento dell’emissione del verdetto. Inoltre, non è stato informato del verdetto fino a 12 ore dopo la sua emissione. Il suo caso avrebbe dovuto essere oggetto di appello il 28 gennaio 2018, ma poi è stato rinviato al 12 settembre 2018, per mancanza di prove e di testimoni oculari. Tuttavia, il suo caso è stato confermato solo il 28 gennaio 2019 in un processo di massa per il caso “Brigate Zulfiqar”. Successivamente, il 1° luglio 2019, il caso di Ahmed è passato alla Corte di Cassazione ed è stato confermato. Quel giorno, la nazionalità di Ahmed è stata ripristinata in conformità ad un indulto reale emesso nell’aprile 2019 per 551 persone che sono state arbitrariamente private della cittadinanza dai tribunali del Bahrein. Durante i processi che sono stati rinviati, le vittime, tra cui Ahmed, sono state portate in tribunale la mattina presto e sono state lasciate in attesa per ore in autobus, con totale disinteresse per il tempo che trascorreva e nei corridoi dell’edificio per essere infine informate che l’udienza era stata rinviata. Ahmed è stato condannato sulla base di diversi articoli del codice penale, la protezione dei popoli dalle attività terroristiche, e di ordigni esplosivi, armi e munizioni.

 

Secondo la sua famiglia, Ahmed è stato completamente privato di tutti i suoi diritti di prigioniero. Quando è stato trasferito al Dry Dock Detention Center, due mesi dopo il suo arresto nel gennaio 2016, ha dovuto affrontare anche diversi metodi di tortura. È stato costretto a stare in piedi per lunghe ore mentre era privato di cibo e acqua, è stato sottoposto a percosse senza particolari motivi e privato del sonno, se gliene era permesso uno. Gli sono state negate anche la preghiera e la pratica di riti ed eventi religiosi, come la lettura del Corano. Le guardie carcerarie frugavano sempre tra gli effetti personali dei prigionieri e prendevano deliberatamente alcuni dei loro oggetti personali e vestiti per distruggerli o confiscarli. Era completamente isolato dal mondo esterno e gli veniva impedito di comunicare con la famiglia e con l’avvocato. La famiglia di Ahmed crede che il figlio sia stato torturato per motivi politici e settari, proprio come il resto dei suoi detenuti per insultare lui e la sua famiglia e perché era un medico. Nonostante tutto questo, Ahmed si è rifiutato di rivelare alla sua famiglia la sua situazione in prigione, per paura del risentimento. 

 

La famiglia di Ahmed ha presentato una denuncia all’ufficio del difensore civico del Ministero degli Interni presso il Dry Dock Detention Center per quanto riguarda gli oggetti rubati da Ahmed, ma sono stati cacciati e gli è stato negato l’accesso all’edificio. La famiglia ha anche cercato di recuperare gli oggetti rubati di Ahmed al momento dell’arresto, ma un funzionario ha assicurato loro che è “inutile” reclamarli, perché è stata fatta un’asta per vendere i dispositivi e gli strumenti elettronici che sono stati rubati. Anche la famiglia di Ahmed non ha potuto recuperare le foto della sua cerimonia di fidanzamento, perché le autorità hanno sostenuto che non è rilevante per il caso, e non va a beneficio di nessuno in alcun modo.

 

In un parere pubblicato dal Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria (WGAD), sul caso delle “Brigate Zulfiqar”, la privazione della libertà delle vittime di questo caso è in violazione degli articoli 6, 8, 9, 10 e 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e degli articoli 2(3), 9, 14 e 16 del Patto internazionale sui diritti civili e politici. La Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli o degradanti (CAT), la Convenzione per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate (CED) e la CRC – Convenzione sui diritti del fanciullo (CRC), sono tutte violate nel caso di Ahmed. Sono stati violati anche diversi trattati internazionali sui diritti umani e la Costituzione del Bahrein. Gli articoli 19.b, 19.d sulla libertà personale e l’articolo 20 sui processi penali della Costituzione bahreinita sono un esempio delle violazioni commesse dal governo bahreinita.

 

Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain (ADHRB) esorta il governo bahreinita a rispettare la sua responsabilità internazionale di promuovere e proteggere i diritti umani nel Paese. Chiediamo al governo del Bahrein di preservare un trattamento equo e corretto dei loro prigionieri e di permettere loro di godere dei loro diritti umani fondamentali. ADHRB chiede al governo di detenere i colpevoli responsabili mentre indaga sulle accuse di tortura e di maltrattamenti, e di ottenere l’immediato rilascio di Ahmed dopo aver condotto un processo equo e giusto.